Un sommario delle considerazioni fatte sul nuovo Trattato italo-francese,
delle sue ragioni e delle possibili conseguenze
Il 26 novembre 2021 il presidente del Consiglio Mario Draghi e il Presidente francese Emmanuel Macron hanno firmato il Trattato del Quirinale, un accordo tra Francia e Italia volto alla "cooperazione bilaterale rafforzata", rilevante quindi, più che per i suoi vincoli effettivi, per i rapporti tra i due paesi sul piano europeo e internazionale. A seguito della firma, il Presidente Draghi ha dichiarato alla stampa: "Francia e Italia consolidano ulteriormente la loro vicinanza, i loro legami diplomatici, commerciali, politici, culturali" a dimostrare l'ampio respiro dei temi toccati dall'accordo, il quale, al netto di alcune proposte specifiche, consiste più in una convergenza di intenti tra i due Stati di fronte alle prove comuni del prossimo futuro.
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Il testo si sviluppa in 12 articoli, successivi al preambolo che ricorda la comune relazione geografica con il Mediterraneo, le affinità socio-politiche, gli ideali comuni dei due paesi: tra gli altri pluralismo, stato di diritto, appartenenza alle Nazioni Unite e all'Unione Europea, che si auspica "democratica, unita e sovrana per rispondere alle sfide globali". Salvo analisi - che seguiranno - più di realismo politico riguardo gli interessi dei due paesi, il Trattato si limita a proporre consultazioni periodiche tra i ministri italiani e francesi negli ambiti: politica economica e di bilancio a livello europeo, che potrebbe avere conseguenze rilevanti per la spesa pubblica europea (attuale e futura) costruendo un fronte di opposizione all'austerità tedesca e dei paesi frugali; affari esteri, tanto europei quanto internazionali; sviluppo economico e sociale, ponendosi gli stessi obiettivi di transizione ecologica e digitale, rafforzamento del welfare del lavoro, sostegno dell'empowerment femminile, lotta contro tutte le discriminazioni; difesa, soprattutto in tema di antiterrorismo, e forze armate, impegnandosi a promuovere gli scambi "a promuovere le cooperazioni e gli scambi sia tra le proprie forze armate, sia sui materiali di difesa e sulle attrezzature" e "a facilitare il transito e lo stazionamento delle forze armate dell’altra Parte sul proprio territorio"; istruzione, rilanciando il progetto del "servizio civile italo-francese". Un articolo specifico, poi, è dedicato al settore spaziale, strategico per la competizione tecnologica internazionale - ad esempio con SpaceX di Elon Musk - che va sostenuto attraverso "l'utilizzo coordinato, equilibrato e sostenibile dei lanciatori istituzionali Ariane e Vega", una delle punte di diamante dell'industria del continente: fino ad ora, infatti, lo sviluppo dell'intero settore si è spinto su accordi bilaterali, frammentati, tra i vari paesi. Le intenzioni del Trattato sembrano di voler edificare un'autentica industria spaziale europea, ma la questione rimane aperta a nuovi sviluppi: tra gli osservatori c'è chi ha interpretato l'accordo come un tentativo della Francia di controllare in modo più stretto le eccellenze spaziali italiane per il proprio interesse, avvicinando a sé anche la Germania per costruire un triangolo industriale trainante per il settore.
L'idea del trattato nasce da una prima intesa del 2018, tra Macron e l'allora presidente del Consiglio Gentiloni, con intenzioni simili a quelle attuali, ma è maturata con fatica dapprima per il cambio di governo italiano, in seguito per la pandemia da Covid-19: la chiara posizione euroscettica delle forze di governo che sostenevano il governo Conte I, in aggiunta alle simpatie dell'allora - e ancora, ma con diversa opinione - ministro degli Esteri Luigi Di Maio per il fenomeno "gilets jaunes", rendevano più vischiose le relazioni tra Italia e Francia; con il passaggio al governo Conte II la situazione ha preso a distendersi, ma l'incorrere dei contagi da Covid-19 ha rallentanto i lavori. Si è reso necessario l'aiuto determinante del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, insieme al consenso del nuovo governo Draghi, per riprendere in mano e concludere il Trattato.
Un possibile modello di riferimento per le diplomazie italiane e francesi è il Trattato dell'Eliseo del 1963, con cui Francia e Germania instauravano il rapporto di stretta collaborazione che giunge fino ai giorni nostri, con il rinnovo ad Aquisgrana del 2019. Oggi, un simile accordo serve a porre le basi di una nuova leadership europea, parallela o sostitutiva di quella franco-tedesca, dopo il tramonto politico di Angela Merkel. È possibile che le prossime elezioni presidenziali francesi, come il periodo di ricostruzione degli equilibri politici qui in Italia sotto il governo Draghi (compresa una sua possibile elezione al Quirinale), portino una divergenza da questa intesa, ma la rotta è per ora segnata.
In generale, le analisi specialistiche concordano sul fatto che sul piano geopolitico è la Francia a fare la parte del leone, cercando di attrarre la “piccola” Italia - in Europa l’ultima dei primi e la prima degli ultimi - alla propria sfera di influenza economica e geopolitica. Del resto, anche all’interno dell’UE, dove le relazioni internazionali dovrebbero essere simmetriche, si stringono accordi più esclusivi secondo il proprio interesse.
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Dario Fabbri, osservatore della rivista Limes, motiva la scelta italiana di sottostare a un accordo simile in due modi. La ragione principale, tutta europea, è l’opposizione alla Germania riguardo l’austerity: è l’impegno dei bond tedeschi, infatti, cioè la sua garanzia in quanto Stato sul mercato finanziario, a sostenere il Next Generation EU che sarà principalmente a vantaggio dei paesi mediterranei; Italia e Francia si legano insieme per avere abbastanza peso politico da tenere ferme queste condizioni, che sono del tutto eccezionali per la severa Germania: è stata infatti la stagione di pandemia a concedere la sospensione del pareggio di bilancio, che i paesi in difficoltà vogliono mantenere il più possibile. Una seconda ragione è più strettamente geopolitica e ha a che fare con le vicende libiche post-2011: in breve, da un lato la Francia ha spinto per svincolare l’Italia dalla Turchia, dall’altro la presenza turca si stava facendo soffocante tanto in Libia quanto nei Balcani (cioè aree strategiche per la difesa italiana); segno di questo riavvicinamento agli alleati europei sono, tra gli altri, le recenti dichiarazioni di Draghi che definivano Erdogan un “dittatore”. Per Fabbri, quindi, la decisione italiana è in pratica la scelta del “male minore” rispetto all’austerity tedesca, all’avanzata turca.
di Giovanni Nannini
FONTI:
Testo del Trattato: https://www.google.com/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=&ved=2ahUKEwiC5rnUsdL0AhWBy6QKHblJDugQFnoECAQQAQ&url=https%3A%2F%2Fwww.governo.it%2Fsites%2Fgoverno.it%2Ffiles%2FTrattato_del_Quirinale.pdf&usg=AOvVaw1-5vPJzAHd9iabzywLpAv0
Video-analisi di Dario Fabbri: https://www.youtube.com/watch?v=MTNltgS-uws
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