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Armi di Migrazione di Massa

Immagine del redattore: Stefano Mauro ForlaniStefano Mauro Forlani

Aggiornamento: 24 gen 2022


Armi di Migrazione di Massa

ossia


l'utilizzo strumentale dei migranti, come se fossero strumenti per arrecare danno,
ricattare e trarre guadagni.

Invece sono persone.

L'uso dei rifugiati come arma di pressione politica non è una novità per il mondo. Non è qualcosa di comparso solo negli ultimi mesi o anni, anzi. Sapere che ci sono persone disperate, perseguitate, affamate, costrette a emigrare a causa di conflitti e crisi, guerre e carestie non genera spontanea voglia di aiutare, ma anche possibilità di sfruttare questi drammi per i propri scopi. Al momento sono cinque le principali zone del mondo dove stanno avvenendo crisi umanitarie dovute alla strategia dei migranti come strumento di ricatto: il Nord Africa (Libia e Marocco), il ponte Euro-Asiatico (la Turchia), il Messico, la Bielorussia e il SudEst asiatico.



Differenti crisi, di cui si possono individuare elementi comuni: in tutte sono presenti degli stati meno ricchi e più deboli di altri; gli stati più poveri – rispettando meno i diritti umani – hanno le mani libere nel maltrattare e gestire brutalmente i rifugiati e utilizzarli per ricattare i paesi benestanti minacciando l'apertura dei loro confini. Così facendo migliaia e migliaia di rifugiati speranzosi lì accampati si riverserebbero in Europa, Australia e negli U.S.A. se non verranno dati loro soldi, aiuti o altri vantaggi. In sostanza esigono un riscatto per NON rilasciare gli "ostaggi", per tenerli dentro alle loro frontiere e gestirli. Ciò che costringe gli stati ricchi alla ricattabilità è innanzitutto la Convenzione dell'UNHCR (United Nation High Commissioner for Refugees) riguardante lo statuto di rifugiato del 1951. in particolare l'art. 33 sancisce il principio di non respingimento, secondo cui il migrante non può essere rimandato nel suo paese o in un paese dove rischia di vedere lesi o minacciati i suoi diritti umani.



La partecipazione alla Convenzione da parte dei paesi ricchi – oltre alle convenzioni più regionali, come quella di Dublino per l'UE – è appunto ciò che permette l'esistenza del fenomeno dell'arma migratoria, che come detto sopra non è una novità del nostro XXI secolo. Da decenni dittatori e autocrati minacciano i paesi ricchi paventando di scatenare flussi migratori nei pressi dei loro confini: lo fece più volte Fidel Castro contro gli Stati Uniti per ottenere allentamenti nelle sanzioni, lo minacciò Erich Honecker della DDR dopo la caduta del muro di Berlino. Ciò che è paradossale in tutta questa storia è la rimozione storica attuata dai governi dei paesi ricattati: i politici dell'Occidente, anziché riflettere su quanto accaduto e predisporre una contro strategia o una soluzione, hanno cercato e cercano di far passare in sordina tali eventi per non evidenziare come i loro paesi – tra gli stati più ricchi e potenti del globo - siano costretti a sottomettersi alle richieste di uomini, sovente dipinti come piccoli dittatori di paesi poveri e senza diritti umani, come un Lukashenka nei giorni odierni. Richieste portate avanti sulla pelle degli innocenti. I migranti stazionano lungo i confini fortificati di Europa e Stati Uniti, ma l'attenzione dei mass-media viene saltuariamente dedicata a queste situazioni – solitamente solo al loro inizio o nei momenti più gravi – per poi cessare, mentre le persone rimangono bloccate mesi o anni nei campi profughi davanti alle frontiere.



Molti di questi autocrati e dittatori, poi, non usano pubblicamente l'arma migratoria, bensì la minacciano nelle relazioni diplomatiche private che non vengono comunicate al grande pubblico, senonché dopo decenni. Per fare due esempi, nella crisi migratoria dopo la guerra dei Sei Giorni, Re Hussein di Giordania minacciò gli Stati Uniti di incolparli totalmente dell'esodo palestinese se non avessero convinto Israele a riprendersi i rifugiati, in dialoghi tra ambasciatori tenuti segreti. Un altro caso, stavolta di crisi solo paventata, non concretizzatasi, si ritrova nei verbali dell'incontro tra Jimmy Carter e Deng Xiaoping nel 1979: Carter ammoni Deng che se la Cina non avesse iniziato a rispettare i diritti umani nel paese, tra cui quello di emigrazione dei suoi cittadini (specie dei dissidenti politici), gli States avrebbero cessato il commercio con Pechino. La risposta di Deng fu «Beh, se la mette così quanti migranti vorrebbe ricevere? Un milione? Due milioni? Trenta milioni?».

Le minacce furono ritirate.



Occorre adesso fare una distinzione tra i vari ricattatori. Abbiamo visto intimidazioni pubbliche e trattative private, ma questi personaggi sfruttatori dei drammi umani che portano le persone a lasciare le loro case in cerca di vite migliori, spesso in altri luoghi, sono sostanzialmente di tre tipi.

Vi sono i generatori, ossia coloro che creano appositamente il disagio che porta le persone a migrare (come l'Arabia Saudita nella guerra del Kuwait, che espulse 650'000 yemeniti per costringere lo Yemen a togliere l'appoggio al dittatore iracheno), i consiglieri provocatori, che spingono i generatori ad agire in modo da ottenere anch'essi un qualche vantaggio, oppure inducono indirettamente i flussi a causare svantaggi ai loro avversari. Infine vi sono gli opportunisti, che prendono flussi già esistenti e li dirottano a loro piacimento. Questa machiavellica strategia che oggi la stiamo vedendo messa in pratica dal presidente turco Erdogan, che controlla i rubinetti dei migranti di Libia e Siria (persone dirette rispettivamente verso Italia e Grecia). È poi subita dalla Spagna e attuata dal Marocco, che a giugno ha aperto le frontiere facendo passare 8000 migranti verso Ceuta e Merilla come rappresaglia per il supporto spagnolo al movimento separatista del Sahara Occidentale, e infine da Lukashenko in Bielorussia. In particolare quest'ultimo caso è or ora presente nelle rassegne stampa mondiali. Il premier bielorusso ha dirottato i profughi dei conflitti di Iraq, Afghanistan e Siria dentro al suo paese tramite campagne pubblicitarie in Medio Oriente, gruppi Telegram e voli low-cost di alcune compagnie aeree, col fine di ottenere un arma per ricattare l'UE. L'uomo, col fine di rimuovere le sanzioni impostegli a causa dei suoi brogli elettorali, ha scelto di ribattere alla punizione per le sue violazioni dei diritti politici architettando una massiccio sfruttamento di chi ha subito drammi umanitari. Organizzandone uno. Oltretutto Lukashenka già nel 2004 aveva pubblicamente proclamato che "se gli europei non pagano, noi non proteggeremo l'Europa da questi flussi". Flussi che dalla Bielorussia mai sarebbero giunti se non avesse deciso di dirottarli lui stesso verso l'Europa.



Quanto detto finora serve per dimostrare che la volontà di rispettare i diritti degli esseri umani, portata avanti dai paesi Occidentali - che tanto spendono in tale retorica - venga spregiudicatamente sfruttata da leader di paesi più poveri, che mettono sul piatto della bilancia le crisi umanitarie pur di ottenere un minimo di potere. E il dramma di ciò sta nel fatto che l'Arma di Migrazione di Massa, come visto, non è una novità di questo decennio, ma uno strumento utilizzato da almeno settant'anni.


Chiudiamo l'articolo dicendo che tutto questo andrà sempre peggio per motivi ben noti: i deserti avanzano, l'acqua dolce in molte zone di Asia e Africa sta finendo, il livello dei mari aumenta e tutto ciò per effetto del cambiamento climatico. Le nazioni povere da cui i migranti-rifugiati partono vorrebbero ovviamente migliorare le loro condizioni, avere il benessere in casa anziché essere afflitti da emorragie demografiche determinate a cercarlo al Nord. Per fare ciò potrebbero cercare di industrializzare, costruire infrastrutture e generare elettricità e benessere partendo da fonti energetiche economiche, alla loro portata, come il carbone. Invece, questo tipo di politica economica (sostanzialmente l'unica crescita alla loro portata), essendo inquinante e ambientalmente dannosa, trova il biasimo dell'Occidente adesso intento a decarbonizzare la sua produzione d'energia. Quindi i paesi della parte ricca del mondo criticano chi cerca il benessere con strumenti a buon mercato e, quando gli abitanti di paesi in crisi bussano alle loro porte, manipolati da dittatori e autocrati, l'Occidente reagisce con muri, filo spinato, bassa copertura mediatica e mazzette ai ricattatori. Tutto ciò per non condividere una qualità di vita desiderata da molti, mentre si proclamano difensori dei diritti umani. È evidente che il problema migratorio ipertrofizza ogni giorno che passa, e senza soluzioni diverrà un'onda che sommergerà i luoghi ricchi del pianeta. È tempo dunque che venga cercata una strategia per risolvere a monte di problema, per guardare al futuro, al 2050, e non tattiche decise anno per anno per evitare di dare asilo a chi - così come dice la Convenzione dei diritti del rifugiato e, forse, sostengono i paesi ipocriti che l'hanno firmata – lo merita.


di Stefano Mauro Forlani

Fonti: 
"Weapons of Mass Migration" by Kelly M. Greenhill
"Belarus Issues Threat to EU over Summit," Times, November 14, 2002 by Robert Shepard
"REFUGEES AND THE PRIMACY OF EUROPEAN HUMAN RIGHTS LAW" in UCLA Journal of International Law and Foreign Affairs, Vol. 21, No. 1 (Winter 2017), pp. 45-69 by Maryellen Fullerton


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