Il 25 novembre 1960 tre donne vengono torturate, stuprate e massacrate. Sono passati cinquant’anni da quel terribile episodio che nel 1999 ha spinto l’ONU a istituire, per quello stesso giorno, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Oggi è davvero cambiato qualcosa?
Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Venne istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999 in memoria del brutale assassinio avvenuto nel 1960 delle tre sorelle Mirabal, attiviste politiche nella Repubblica Dominicana che, per ordine del tirannoRafael Trujillo (1930-1961), vennero torturate, stuprate, massacrate a colpi di bastone e strangolate, per poi, a bordo della loro auto, essere gettate in un precipizio, per simulare un incidente.
Sono trascorsi cinquant’anni da quel raccapricciante episodio e da allora sono state portate avanti numerose iniziative di sensibilizzazione dell’opinione pubblica: le campagne annuali di denuncia sociale contro le disuguaglianze di genere promosse dall’iniziativa UniTe avviata dall’allora Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon e sostenuta dal suo successore António Guterres e la campagna Spotlight, finalizzata ad attuare programmi globali volti all’eliminazione di ogni forma di violenza contro le donne. In Italia è stata sostenuta una nuova proposta dal movimento degli Stati Generali delle Donne a numerosi comuni italiani con il fine di rappresentare un’idea di cultura paritaria attraverso l’installazione di una panchina rossa contro l’indifferenza.
Perché allora tendiamo sempre a colpevolizzare chi è davvero vittima ogni volta che assistiamo alle più varie forme di violenza contro le donne? Perché le più importanti testate giornalistiche e canali televisivi ci forniscono una narrazione fuorviante e discriminatoria che punta il dito contro il sesso femminile, mentre invece adotta un atteggiamento quasi paternalistico e bonario nei confronti degli uomini? Perché, all’alba del 2020, non siamo ancora riusciti a superare tutti quei retaggi culturali che, nel 1960, hanno permesso a degli agenti del Servizio di informazione dominicani di stuprare, torturare e massacrare tre donne innocenti?
La verità è semplice: viviamo in un mondo in cui gli uomini sono – e, per il momento, saranno – sempre privilegiati rispetto alle donne. Questo si traduce in una serie di vantaggi e opportunità che favoriscono il sesso maschile rispetto a quello femminile. La scrittrice, giornalista e attivista Caroline Criado Perez lo testimonia magistralmente nel suo saggio Invisibili. Come il nostro mondo ignora le donne in ogni campo. Dati alla mano (Einaudi 2020). Partendo infatti dai più svariati casi, – incidenti stradali, capacità di diagnosticare un infarto su un corpo femminile e su uno maschile, ad esempio – Perez indaga come la continua sottovalutazione del genere femminile abbia creato un pregiudizio pervasivo e fatale sulla vita delle donne. Non a caso il Financial Times l’ha descritto come “un libro che tutti i maschi dovrebbero leggere”.
Quell’aura di privilegio e intoccabilità che avvolge il genere maschile si riflette inevitabilmente nella realtà in cui noi, uomini e donne, siamo immersi ogni singolo giorno della nostra vita. Viviamo in un sistema che protegge senza ombra di dubbio gli uomini da ogni tipologia di accusa lanciata dalle donne, anche quando le vittime di abusi dispongono di prove effettive e concrete contro il proprio aggressore.
Il Caso Genovese è una chiara esemplificazione di questo discorso. Alberto Genovese, imprenditore di 43 anni fondatore del sito facile.it, è stato accusato di violenza sessuale contro una ragazza diciottenne. Il 10 ottobre, durante una festa esclusiva, l’ha drogata, legata al letto di camera sua e violentata ripetutamente per più di venti ore. Nonostante i filmati registrati da Genovese e la testimonianza della vittima, testate giornalistiche come Il Sole24ore hanno dipinto Genovese non come lo stupratore misogino che meritava di essere condannato, ma come “un vulcano di idee costretto – costretto? – a fermarsi”. Il quotidiano ha ritirato la pubblicazione dell’articolo scusandosi per la terribile narrazione che aveva fornito, ma questo non annulla certo il fatto che ci sono stati redattori e caporedattori che hanno scritto e approvato quelle parole, assumendo nei confronti di Genovese un atteggiamento indulgente e senza dubbio fuorviante e fuori luogo per la narrazione dei fatti.
Questa non è la prima volta in cui testate giornalistiche importanti e canali televisivi hanno sbagliato completamente il modo di narrare i fatti così come sono accaduti. Per intenderci:
Ubriache fradicie al party in spiaggia, due 15enni violentate dall’amichetto (Rimini Today)
Love story a 23 anni con una tredicenne. Rischia un processo per abusi sessuali.
Per il ragazzo lei era d’accordo, ma la vittima si è costituita parte civile e chiede 50mila euro di risarcimento (Corriere Adriatico)
Firenze, le ragazze americane abbordate al bar dai carabinieri.
Svolta nelle indagini: c’è un testimone. Un militare confessa: erano consenzienti (La Stampa)
Pazzo di gelosia e drogato fa una strage. “Lei mi tradiva”. Quattro vittime a Brescia (La Repubblica).
E così via. Sono stati scritti decine – se non centinaia – di articoli in questo modo e le poche parole che sono state riportatecostituiscono solo il titolo della narrazione tossica portata avanti dai giornalisti italiani. È preoccupante osservare come l’atto dello stupro venga fatto passare quasi come un semplice gesto goliardico e superficiale, negando in questo modo che si tratti di un atroce atto di forza compiuto da un uomo con l’intento di dimostrare il proprio potere nei confronti di una donna, vittima di un sistema che tenderà sempre a colpevolizzarla, adducendo a supporto della propria tesi una serie di accuse deboli e fufuorvianti. Il troppo alcol assunto, l’eventuale utilizzo di droghe e il modo di vestirsi sono alcuni degli esempi più ricorrenti a cui fin troppo spesso si fa ricorso per sentirsi autorizzati a puntare il dito contro la donna, mai contro l’uomo.
Quando capiremo finalmente che dobbiamo lasciarci alle spalle questo modo di raccontare i fatti? Quando comprenderemo che “romanticizzare” l’accaduto o compatire l’uomo – l’aggressore – è sbagliato? Quando daremo voce alle vere vittime di questo sistema maschilista, misogino e discriminatorio?
Purtroppo, ad oggi, 25 novembre 2020, non sappiamo darci una risposta. Possiamo però cogliere questa giornata come momento per riflettere, chiedendoci se e quanto siamo stati influenzati dal mondo che ci circonda. Potrebbe essere un’occasione preziosa per uscire dall’oscurità della nostra ignoranza, per informarci e sensibilizzarci. Aprire gli occhi è fondamentale. Ora più che mai.
di Lorenzo Tosi
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