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Il caso Assange

Immagine del redattore: Benedetta GhioBenedetta Ghio

Come WikiLeaks ha cambiato la nostra visione del mondo


“Non accetteremo mai che il giornalismo sia un crimine,

in questo paese o in qualsiasi altro.”

-Julia Morris, avvocato di Julian Assange

La giornata del quattro gennaio 2021, ancor prima di giungere a termine, è diventata storica: da una parte troviamo la pubblicazione, da parte del Washington Post, di una telefonata del presidente (uscente) degli Stati Uniti, Donald J. Trump, al segretario di Stato (repubblicano) della Georgia, nella quale viene reso esplicito un tentativo di frode delle elezioni presidenziali da parte del Mr.President; dall’altra uno sviluppo importante del caso Assange: la corte di Londra ha negato l’estradizione del giornalista australiano negli U.S., dove è condannato a 175 anni di prigione.

Un giorno considerabile un vero e proprio elogio alla libertà di stampa, ma che ha fatto anche riflettere: quanto siamo consapevoli della nostra libertà? Perché WikiLeaks è coinvolta nella questione riguardante l’informazione libera? Ma, soprattutto, chi è veramente Julian Assange?

Che venga chiamato hacker, attivista o giornalista, Assange è una delle personalità più discusse dei nostri tempi, un vero e proprio personaggio controverso che ha fatto parlare di sé nelle ultime tre decadi, tra scandali internazionali (dai War Logs al Russiagate) e scottanti realtà che sono state supportate dalla sua piattaforma WikiLeaks.

Accusato di pirateria informatica nel 1995, ha cominciato a collaborare con la polizia per combattere la pedopornografia.

Nel 2006 crea WikiLeaks con lo scopo di offrire realtà (come disse Oscar Wilde: “Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e vi dirà la verità.”), tutelando le proprie fonti con un supporto legale di criptaggio.

Il suo carnet di accuse comprende, da parte degli U.S.A., diciassette violazioni della legge di spionaggio ed un’accusa per abuso informatico, in seguito alla pubblicazione, nel 2010, di documenti top-secret che denunciano i crimini di guerra degli Stati Uniti e della Gran Bretagna durante le guerre in Afghanistan e Iraq (non a caso, WikiLeaks, nel 2011, proprio per via di questa pubblicazione, è stata candidata al Nobel per la pace).

Il Vaso di Pandora viene scoperchiato tra il luglio del 2010 e l’aprile del 2011, dopo la pubblicazione, nel 2007, dei primi documenti di interesse nel settore della politica internazionale e, nel 2008, di evasioni fiscali e riciclaggio di denaro sporco da parte della banca svizzera Julius Bär (quest’ultima denunciò WikiLeaks per diffamazione, facendo chiudere provvisoriamente la piattaforma). Si tratta di una serie di documenti top secret (oltre 200.000 cablo diplomatici di tutte le ambasciate degli U.S. nel mondo ed i celeberrimi 140.000 documenti soprannominati Afghanistan e Iraq War Logs) che hanno sconvolto il mondo e che risultano tutt’ora un inno all'informazione libera.

WikiLeaks ed il suo fondatore diventano, così, i “paladini della verità”, ma, come si suol dire, “the tigers come at night” e, in seguito all’accumularsi di accuse per spionaggio, gli anni di prigione destinati ad Assange si fanno sempre più consistenti.


Arrivati a questo punto dell’articolo abbiamo ormai capito il motivo per cui il caso Assange sia così importane per tutti noi e per la storia dell’informazione libera: nel caso di estradizione negli U.S.A. del giornalista australiano, il conseguente processo non riguarderebbe solamente Assange e WikiLeaks, ma anche il principio del giornalismo stesso.

Con la pubblicazione dei War Logs, mentre da una parte vi è l’infrazione della legge, dall’altra si denuncia la violazione dei diritti umani, esaltando la forma più pura della nostra libertà, che, dalla stampa, ne deriva la nostra informazione personale, dunque la nostra concezione della realtà.

Tutti noi abbiamo diritto di sapere, di conoscere cosa succede nel mondo, quali sono le verità e quali sono le grandi ipocrisie del nostro tempo.

Ciò che è certo è che Assange non sia un santo e che WikiLeaks pubblichi documenti top-secret.

Non vi è alcuna necessità di decidere da che parte stare, ma penso che ognuno di noi debba semplicemente prendere atto della materia in cui è fatto il nostro mondo, che, di fronte alla verità, risulta sempre più menzogeno.


di Benedetta Ghio

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