Oggigiorno generalmente i giovani sono oggetti di discussioni inerenti al disimpegno politico, accusati spesso di non interessarsi al mondo della politica, un mondo a loro ignoto ed estraneo.
La questione è importante e trasversale, infatti può essere analizzata sotto diversi punti di vista: possiamo considerare innanzitutto una sfera individuale, riconducibile al singolo e ad una dimensione strutturale (provenienza geografica, livello di istruzione e reddito); poi una dimensione culturale ed una valoriale.
Non meno importante è l’influenza contestuale, prendendo in considerazione indicatori come le risorse disponibili per la promozione dello sviluppo di un Paese, distribuite sotto forma di assistenza economica o di beni e servizi. Queste ultime sono riconducibili all’efficienza delle istituzioni politiche per rispondere alle problematiche economiche e sociali, e in questo caso specifico relative alla disoccupazione giovanile.
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Il rapporto tra politica e giovani è molto complicato e discordante: da una parte i giovani chiedono ascolto, attenzione, considerazione da parte dei politici, i quali si sentono legittimati ad accantonare tali richieste. I maggiori problemi sollevati dai giovani sono improntati sul loro futuro e riguardano principalmente il lavoro e la garanzia di uno sviluppo professionale non precario, oltre ciò, sarebbe auspicabile avvicinare il linguaggio politico e renderlo alla portata di tutti, abbattendo il muro linguistico dell'astrattismo e dei tecnicismi, che invece di attirare i giovani, li confonde sempre di più. Infatti, la maggior parte dei giovani sì, si informa sulle notizie generali quotidiane più importanti per rendersi conto di ciò che avviene nel proprio paese e a livello internazionale, ma afferma anche di non approfondire particolarmente le tematiche politiche, perché troppo difficili da comprendere, o perché le informazioni a riguardo risultano frammentarie e poco chiare, creando una situazione di confusione generale che fa perdere l’orientamento ai giovani, i quali, conseguentemente non riescono a prendere una decisione a livello politico. Immersi in una vasta pluralità di modelli di comportamento, credenze, opinioni, tanto diversificate quanto contraddittorie, la risposta migliore, o meglio, la reazione più spontanea sembra essere un l’assunzione di un comportamento scettico, relativizzando ogni idea, fino ad arrivare a non credere più a niente e a perdere l’interesse appunto. Assumere una posizione potrebbe essere troppo rischioso, perché ci sarà sempre un'opposizione forte pronta a confutarla.
Inoltre, i presupposti fondamentali per un dialogo pacifico e ottimale sono trasparenza, onestà e chiarezza, per evitare una comunicazione basata su un populismo dilagante.
Tuttavia, il disimpegno politico da parte dei giovani, i quali trovano rifugio nell’individualità, potrebbe essere l’altra faccia della medaglia : l’adattamento ad una società sempre in movimento, in continuo divenire, che non assicura stabilità o certezze di alcun tipo.
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L’impossibilità di una visione positiva sul futuro incide fortemente sui giovani, i quali preferiscono arricchirsi come possono a livello personale, accumulare esperienze oggi, a causa dell’enorme sfiducia posta nella politica, o meglio nelle istituzioni politiche, ma non solo (basti pensare all’istituzione scolastica o a quella religiosa). Il forte individualismo si alimenta poi di un acuto pragmatismo la cui formula si esemplifica in utile = giusto. Tutto ciò che è utile viene quindi preso in considerazione, rimane importante solo vivere alla giornata ed essere estremamenti concreti. I giovani quindi preferiscono mettersi in gioco nel piccolo, prediligendo la propria comfort zone.
Un’altra prospettiva interessante infine è quella secondo cui in realtà il mito del <<disimpegno politico giovanile>> sia in realtà la sottovalutazione dell’effettiva partecipazione dei giovani al mondo della politica, dovuta dal fatto che le azioni non siano di stampo tradizionale. Si tratta infatti di nuove forme di interventi : incontri, dimostrazioni pubbliche e consumo critico, firmare petizioni, prendere parte a manifestazioni, acquistare o meno certi prodotti per motivi etici o politici. Come accennato si tratta di forme di partecipazione che discostano dai modelli tradizionali degli anni passati, come l’adesione ad un determinato partito.
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Tuttavia, non vi è da escludere che vi sono casi in cui il disinteresse politico è dato da una mancanza generale di entusiasmo, o ancora, si può sottolineare anche come la partecipazione giovanile si fermi a forme di denuncia del sistema attuale, cercando di far leva su grandi cambiamenti e andando alla continua ricerca di nuove mete da conseguire, senza sviluppare le conquiste già ottenute.
La curiosità che vi è nei giovani, non impoverita da esperienze pregresse e da conseguenti influenze, rappresenta un enorme potenziale che non va sprecato, per cui la sfida attuale della politica è quella di migliorare il dialogo con i giovani, assicurare loro integrazione ed evitare che sorga un sentimento di insofferenza e apatia nei confronti della politica in loro.
Risvegliare i giovani è quindi necessario.
di Maria Argentiero
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