Cosa sta succedendo e cosa è successo negli ultimi mesi nel panorama politico italiano e soprattutto, cosa ha portato ad avere Mario Draghi a capo dell’attuale compagine di governo?
È questa la domanda più ricorrente che noi giovani, e non solo, ci poniamo ogniqualvolta cerchiamo di apprendere qualche notizia riguardo al mondo che ci circonda dai siti di informazione o da qualche minuto di telegiornale. Ma non è per nulla scontato che a questi interrogativi corrispondano per forza delle risposte: perfino i giornalisti, il cui compito è proprio quello di tentare di decodificare nella maniera più veritiera possibile il presente e raccontarlo alle persone, riescono a stento ad abbozzare qualche sentenza.
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Figuriamoci noi giovani. Come ha scritto il direttore de «L’Espresso» Marco Damilano nel penultimo numero del 21 febbraio: «Chi si risvegliasse oggi da un lungo sonno durato un anno troverebbe un panorama politico interamente cambiato».
È proprio così: gli Stati Uniti sembrano aver ritrovato la retta via, o perlomeno una via più civile, con l’elezione del democraticoJoe Biden, che ha subito riaperto le porte all’alleanza atlantica con l’Europa; l’Europa stessa, da «rigida sanguisuga a discapito degli stati nazione», come amavano dipingerla i sovranisti ora riconvertitisi sulla via di Bruxelles,è divenuta stanziatrice a pioggia di miliardi per la ripartenza post-pandemica e, in ultimo, il governo che si è visto travolto in pieno dall’emergenza sanitaria lo scorso febbraioe citato come modello nel mondo per le sue misure di contenimento del virus, è stato sostituito da quello del neo-premier, il banchiere Draghi, a seguito di una crisi da tutti definita incomprensibile.
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E ancora oggi non si riesce a comprendere perché il primo fautore di tale rimpiazzo, il senatore e fondatore di Italia Viva Matteo Renzi, con quasi il tre per cento dei voti secondo gli ultimi sondaggi, dopo che l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte avesse accolto quasi tutte le sue proposte di modifica del Recovery Plan e del modus operandi della squadra dell’esecutivo, giustamente dovendo mediare con tutti gli altri alleati della maggioranza, abbia tirato i remi in barca e annientatoquella «mossa del cavallo» (come Renzi stesso l’ha definita nel suo ultimo libro) della creazione del governo Conte-bis mentre un Salvini sulla cresta dell’onda (di Riccione) invocava i pieni poteri. Tuttavia, compiendo un piccolo sforzo di analisi dei fatti, ritengo che a distanza di un mese l’incomprensione inizi a trasformarsi in manifesta e cruda realtà: il leader di Italia Viva aveva già orchestrato tuttodall’inizio.
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Ecco allora che si spiegano i mal di pancia verso Conte incominciati lo scorso dicembre, il quale nel tempo ha visto aumentare la sua popolarità (un vero e proprio affronto per Renzi!), il casus belli scoppiato dopo l’annuncio da parte dell’ex presidente della creazione di una cabina di regia per la gestione del Recovery Fund composta da trecento consulenti (altro sgarboad un ex presidente del Consiglio – Matteo il fiorentino – invitato come conferenziere dal principe ereditario saudita Mohammed bin Salman), le proposte di modifica ad un piano «osceno», sempre parole del senatore di Rignano sull’Arno, il mancato accesso al Mes sanitario, la mancata delega di Conte dei servizi segreti e, di conseguenza, il ritiro delle ministre di Iv, l’astensione al voto di fiducia e «il tentativo sincero di rimetterci in gioco, ma a nostre condizioni», ancora Renzi. Chiariamoci: tutte obiezioni legittime se propositive e volte al dialogo e all’unità della squadra. Ma ciò non è stato, invece, nel caso diItalia Viva, che ha elevato una miope alzata di scudi con un elenco di pretesti per costringere, forse in accordo con Forza Italia e il centro-destra più moderato, un deluso presidente della Repubblica a dover convocare l’ex presidente della Banca centrale europea per cercare di «salvare il salvabile».
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Ecco allorache abbiamo visto sopraggiungere la pazza euforia di Renzi e la responsabilità di quasi tutti i partiti del sistema italiano nel sostenere un governo di unità nazionale per tentare di uscire dalla pandemia – tutt’altro che alle spalle– limitandone i danni, eper progettare una strategia condivisa per il futuro. È singolare come, dopo le consultazioni svoltesi al Quirinale, tutti – media, partiti e cittadini – vedessero in Draghi un leviatano che avesse smorzato tutte le conflittualità, e nel suo governouna manna caduta dal cielo, per, finalmente, lavorare al bene comune. Ma vediamo altresì che,passata quasi una settimana, gli stessi che precedentemente idolatravano questa nuova formazione, ora nutrono invece una profonda delusione per la compagine di ministri, viceministri e sottosegretari, formata dai membri più o meno discutibili dei partiti che appoggiano la nuova maggioranza, e solo in parte da tecnici, ciascuno però con un proprio riferimento ad un’area di pensiero. Ma come? Non doveva essere il governo dei migliori, successivo al fallimento della politica? Perché ci ritroviamo Brunetta, la Gelmini, la Borgonzoni (da emiliano ammetto che questa signora, che doveva venire a liberare la mia regione dai «parassiti rossi», proprio non mi va giù) ancorati aquelle poltrone su cui tutti noi ritenevamo che non riuscissero più a sedere?A queste ricorrenti domande, cari amici, mi sento di rispondere:di cosa ci stupiamo? È questa la politica: per la formazione di un governo sono necessari i voti della maggioranza dei partiti in Parlamento.
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Ed essi ti appoggiano se riesci a garantire loro qualche comodo «posticino»nella squadra di potere. Credevamo davvero che da un giorno all’altro potessimo essere governati da figure integerrime, moralmente rinnovate e competenti rispetto alla maggior parte di chi l’ha fatto fin ora (generalizzare è sempre sbagliato, vanno fatti i necessari distinguo)?In conclusione, pertanto, dovranno essere la capacità e la competenza di Draghi – le uniche certezze ancoraapparentemente intoccabili – a dover imporre con fermezza un cambiamento di passo, senza cedere al ricatto di leader politici e ministri. E dovrà essere oltremodoelevata la capacità dei partiti nel rinnovarsi e modificare gli schemi fin ora adottati, fallimentari, in un certo modo di far politica, che – per celare le loro incapacità – negli ultimi anni ha soltanto alimentatol’incomprensione e l’odio dei cittadini verso quello stesso governo della cosa pubblicadi cui hanno fatto parte fin ora e che continueranno a farne parte. Non si sprechi questo tempo importante, su le maniche!
di Christian Marchi
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