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Taiwan: il centro dello scontro tra l'Aquila e il Dragone

Il 18 ottobre scorso Joe Biden ha dichiarato che «Gli Stati Uniti si impegnano a intervenire in difesa di Taiwan, isola che la Cina reclama come propria». Questa affermazione, che potrebbe sembrare scontata per coloro che sanno che Taipei è alleata di Washington, è un nuovo scottante tassello nelle relazione tra la Casa Bianca e Pechino. Innanzitutto, per spiegare le odierne questioni inerenti all'isola, occorre aver chiara la storia intercorsa tra questa e la Cina continentale. Taiwan, formalmente chiamata «Repubblica di Cina», per secoli nell'orbita cinese, ospita dal 1949 il vecchio governo della Cina nazionalista, che si rifugiò sull'isola in seguito alla sconfitta nella guerra civile contro le truppe comuniste di Mao.

Per questo motivo, all'epoca, la parte di comunità internazionale filo-americana riconobbe il governo di Taipei come unica vera Cina, uno dei 5 vincitori della seconda guerra mondiale cui peraltro spettava il seggio nel consiglio di sicurezza dell'ONU. Negli anni '70 però, visti gli attriti tra i governi comunisti di Mosca e di Pechino, gli USA utilizzarono il principio de “il nemico del mio nemico è mio amico” per stringere legami con la Repubblica Popolare, riconoscerla internazionalmente e, così facendo, rigettarono le pretese di legittimità di Taiwan per guadagnare Pechino alla lotta antisovietica, chiamando questa azione diplomatica «politica di una sola Cina». Difatti, all'oggi, tutte le nazioni che vogliono fare accordi con la superpotenza del Dragone devono rompere i legami formali con Taiwan, ed è per questo motivo che non esistono accordi difensivi formali tra Taipei e Washington.


Per questo le dichiarazioni “informali” fatte in favore dell'autonomia dell'isola da vari capi di stato – non solo da quello americano ma persino dal premier giapponese Kishida - sono importanti, e colme del peso dell'escalation. Ciononostante occorre ricordare che questa ambiguità strategica e diplomatica americana è appositamente mantenuta da Washington non solo per poter avere legami con Pechino, industrialmente indispensabili, ma anche per non essere vincolata a difendere Taiwan, un domani, nel caso in cui decidesse che non vale la pena farlo.



Siffatti proclami si inseriscono in un clima teso, fomentato da Beijing, che quotidianamente invia i suoi caccia a violare lo spazio aereo taiwanese per forzare i secessionisti di Taipei a una scelta: non reagire ed accettare il dominio militare cinese sopra di sé, oppure rispondere con la violenza a queste continue violazioni. In tal caso si innescherebbe la massiccia reazione di Pechino con conseguenze gravissime per l'isola.

A tutto ciò gli Stati Uniti rispondono non solo verbalmente, ma mostrano i muscoli. Da sempre armano l'esercito isolano con la loro tecnologia: a inizio Novembre hanno inviato un gruppo di marines per addestrare reparti taiwanesi presso Guam e proseguono con gli spiegamenti di flotte nei mari asiatici nel' corso dell'”Exercise Malabar”, esercitazione del QUAD (Quadrilateral Security Dialogue) l'alleanza di India, Australia, Giappone e USA focalizzata al contenimento marittimo cinese.



Di questi quattro paesi due in particolare sono preoccupati dal Dragone: l'India, che vi condivide 3.380km di confine terrestre e il Giappone, distante solo 100km da Formosa (isola Yonaguni) e la cui maggioranza della popolazione teme l'espansione cinese in corso. Peraltro il Giappone per l'Art. 9 della sua costituzione non potrebbe avere delle vere forze armate eppure, inizialmente giustificato dal militarismo nordcoereano, è oramai dotato del quinto esercito mondiale per potenza da dispiegare eventualmente contro i cinesi.



Ma per quale motivo Pechino e gli States si spingono a tanto per l'isola di Taiwan? Cos'ha di così importante questo territorio da portare a roventi tensioni tra le principali potenze economiche dell'Indo- Pacifico? Anzitutto, come già accennato in precedenza, vi sono ragioni storiche e identitarie: il governo di Xi Jinping ritiene l'isola parte del territorio della Repubblica Popolare, e ha dichiarato che entro il 2049, centesimo anniversario della nascita della Repubblica, Formosa dovrà tornare a far parte dell'unica nazione cinese. A legittimare queste pretese Beijing sottolinea come l'isola sia abitata da Cinesi Han,


l'etnia dominante anche nella Cina continentale. Anche il Kuomitang, il partito nazionalista contro cui il PCC aveva vinto la guerra civile per anni ha avuto la maggioranza di governo a Taipei, e ha sempre manifestato la volontà di riunificazione del paese seppur rifiutando il sistema comunista. L'ipotesi del ricongiungimento pacifico, sostenuta dai presidenti antecedenti a Xi Jinping, ha mostrato il suo vero volto col fallimento del modello “un paese, due sistemi” che vigeva a Hong Kong, che si è tradotto nella fine delle libertà politiche di cui godeva la popolazione dell'ex colonia britannica. L'osservazione di questo modo di “ricongiungimento pacifico” ha portato alla ricerca, in particolare da parte del Partito Progressista Democratico, di una specificità identitaria isolana per contrapporsi a Pechino, che differenzi culturalmente gli abitanti Han di Formosa dagli abitanti Han del continente. Ovviamente un simile progetto di pedagogia nazionale è a lungo termine, ma la sua sola proposta è un termometro della situazione nel paese.


Oltre al movente politico e nazionalista, vi sono anche fondamentali ragioni economiche legate a Formosa: l'isola è molto avanzata nell'industria dei semiconduttori, settore strategico per la Cina e in cui è debole e dipendente da altri: essa è in grado di produrre dispositivi tecnologici e ha il controllo degli afflussi di terre rare necessarie per creare i microchip, ma non ha né il know how per la creazione di quelli più avanzati, né le fabbriche per soddisfare il suo fabbisogno. La TSMC, leader mondiale dei semiconduttori, è appunto taiwanese. Nonostante riforme atte a migliorare il settore, resta comunque dipendente dalla manifattura dell'isola per completare i suoi prodotti e l'annessione di questa permetterebbe a Pechino un enorme guadagno per la sua catena del valore industriale. Tuttavia, il motivo più importante è costituito da un fattore più geografico, militare e commerciale: la rottura del contenimento americano del Mar Cinese Meridionale.



La Cina è un paese che vive di export, e nel nostro secolo quasi tutto il commercio mondiale viaggia via nave. Per portare i propri prodotti ai mercati è necessario quindi seguire rotte brevi, competitive, in modo da massimizzare i guadagni. Per questo motivo, ad esempio, la Cina aveva finanziato la costruzione della seconda corsia del Canale di Suez, per velocizzare i commerci.



Allo stesso modo, l'”Impero di Mezzo” vuole avere un accesso al Pacifico non controllato dagli Stati Uniti e dai loro alleati per non essere - come si vede dalla cartina – controllato e bloccabile da paesi avversari nei suoi traffici. All'oggi la Cina è rinchiusa nei suoi mari interni, e ne può uscire solo con l'autorizzazione di una potenza estranea. Difatti questo è il punto nodale e il vero movente dello scontro per Taiwan. Chi parla del XXI come del secolo cinese deve tenere bene a mente tutto ciò: in questo momento sono sempre e comunque le navi americane a sfilare davanti alle coste cinesi, non quelle cinesi davanti a New York.

Prendendo l'isola il Dragone avrebbe una porta per gli oceani, libero accesso a nuove rotte e a una maggior influenza sugli stati dell'Indo-Pacifico: l'inizio della sua ascesa a una leadership politica globale. Per adesso Taiwan è ancora indipendente e, come dichiarato da Biden, gode di un appoggio americano, seppur non formale. Osserviamo attenti e preoccupati la sfida tra Aquila e Dragone, e ricordiamoci del 2049 come data entro cui, non si sa come, la Repubblica Popolare agirà.


di Stefano Mauro Forlani

Fonti:

Contrasto tra Cina e Stati Uniti:
R. D. Blackwill, P. Zelikow: “The United States, China, and Taiwan : A Strategy to Prevent War" pubblicato da: Council on Foreign Relations (2021);
https://www.limesonline.com/sezione-rubrica/bollettino-imperiale ;
Classifica potenza mondiale degli eserciti: https://ceoworld.biz/2020/03/03/ranked-military-strength-of-nations-2020-comparing-global-armed- forces/ ;
 Sulle attività aeree di Pechino verso Taiwan
 https://www.globaltimes.cn/page/202110/1235638.shtml ;
Sondaggio sulla preoccupazione dell'espansione cinese in Giappone https://www3.nhk.or.jp/news/html/20210615/k10013083981000.html ;
Vicinanza tra Hong Kong e Taiwan https://www.limesonline.com/cartaceo/hong-kong-e-taiwan-piu-vicine-che-mai? ; Limes di Settembre 2019: “Hong Kong : una Cina in bilico”
Crisi dei semiconduttori: https://www.sneci.com/blog/update-on-the-semiconductors-crisi

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