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We have a deal!

Immagine del redattore: Francesca TramarinFrancesca Tramarin

Aggiornamento: 24 mar 2021

Ecco a voi il divorzio politico più famoso della storia dell’Unione.


Il 24 dicembre 2020 viene definitivamente scongiurato il tanto temuto no deal tra UE e Regno Unito, nonostante da tempo si parlasse di un divorzio non pacifico tra le due parti.

Un anno di negoziati e di scadenze mai rispettate ci avevano fatto pensare al peggio, ma alla vigilia di Natale arriva il regalo tanto agognato: «The deal is done». Queste sono le parole con cui Boris Johnson decreta il proprio trionfo; una vittoria che il primo ministro inglese deve però condividere con la n°1 della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, che incassa un ulteriore successo.

Entrambi avevano bisogno di stipulare tale accordo, in particolare Johnson, per tentare di ripristinare la popolarità di cui godeva all’inizio e che ha cominciato a sgretolarsi a causa della pessima gestione della crisi sanitaria.



The deal is done!

Ma è un good o un bad deal?


«Sono molto lieto di dirvi questo pomeriggio che abbiamo completato il più grande accordo commerciale mai raggiunto finora, per un valore di 660 miliardi di sterline all’anno. Un accordo globale di libero scambio in stile canadese tra il Regno Unito e l’UE». Tali sono le parole con cui esordisce il premier britannico dopo aver sigillato l’accordo con Vor der Leyen.



Che cosa prevede il “deal” EU-UK?


L’accordo raggiunto, il cui obiettivo è quello di regolare i rapporti EU-UK a seguito della storica separazione, è entrato provvisoriamente in vigore dal 1° gennaio 2021. Di seguito, i punti salienti:

  • Tariffe: non sono previste né quote, né tariffe doganali;

  • Mobilità: stop alla libera circolazione. I cittadini del Regno Unito non godono più come prima della libertà di viaggiare, vivere, studiare, lavorare o avviare una propria attività negli Stati membri dell’Unione europea. È inoltre necessario disporre del visto per i soggiorni in UK superiori ai 90 giorni. Per gli spostamenti UE-UK non è più sufficiente la sola carta d’identità, è necessario esibire il passaporto;

  • Free roaming: la garanzia del roaming gratuito su dispositivi mobili in tutta l’UE, in Islanda, Liechtenstein e Norvegia è destinata a terminare;

  • Ripristino dei controlli alle frontiere: le operazioni di controllo si effettueranno seguendo procedure e tempistiche differenti, in base al tipo di merce da trasportare;

  • Lavoro: manager e specialisti europei potranno restare sul territorio del Regno Unito per 3 anni, mentre le altre figure professionali necessitano di un permesso di lavoro che consentirà loro di rimanere fino ad un massimo di 90 giorni.

L’accordo presenta diverse lacune, tra cui la mancata attenzione sul settore finanziario che ha già innescato una problematica pericolosa per il Regno Unito: la fuga dei banchieri e dei fund manager in Stati membri UE. Si tratta per il momento di un fenomeno piuttosto limitato, non avendo sorpassato la soglia del 4%.



Quale destino per i giovani universitari?


Come sempre, a seguito di queste delicate manovre, sono i giovani (in particolare gli studenti universitari) a dover pagare il prezzo più elevato.

Mentre tutti gli atenei britannici saranno privati di ingenti e preziosi finanziamenti, danneggiando in questo modo l’intero sistema universitario, gli studenti UE che si recheranno a studiare nel Regno Unito saranno costretti a pagare rette tre volte più alte di prima.

Inoltre, il Regno Unito, fatta eccezione per l’Irlanda del Nord, a seguito della Brexit sancisce la sua esclusione dal progetto Erasmus, infrangendo il sogno e l’opportunità a migliaia di studenti di vivere un’esperienza formativa made in Europe. Per colmare questa perdita, il primo ministro inglese assicura che il progetto Erasmus sarà sostituito dal Turing Scheme attraverso cui, secondo Johnson, gli studenti del Regno Unito «potranno studiare non solo in Europa, ma anche nelle migliori università del mondo».

A tutti gli studenti UE, già impegnati nel progetto Erasmus nel Regno Unito, si garantisce il proseguimento degli studi.



Il primo addio dall’UE nato sotto il segno della pandemia.


Dopo l’iniziale ottimismo di Johnson, la sterlina ha cominciato a scendere: primo importante segnale che scuote i maggiori esperti, i quali prevedono che la Brexit costerà al Regno Unito quattro volte in più che all’UE.

Secondo il Commissario europeo per gli affari economici e monetari, l’italiano Paolo Gentiloni, il Regno Unito soffrirà una perdita in media del 2,2% fino al 2022. Ciononostante, si stima che la Gran Bretagna si riprenderà dalla crisi sanitaria prima del nostro Paese e di tanti altri Stati membri dell’Unione.

È ancora però prematuro tirare le somme; per decretare il successo o meno di tale accordo, sarà necessario attendere diverso tempo.


di Francesca Tramarin
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