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Sanremo, il Covid e l’Italia che “annaspa”

Marco Baruffato

Mentre l’Italia annaspa sotto i colpi d’ascia della pandemia, dei DPCM e dei DL di un governo ormai mandato in soffitta; la RAI cerca di salvare Sanremo.

Si perché niente è più importante delle apparenze di una grande macchina scenica come quella del Festival della Musica Italiana. Così importante da spingere direttore artistico e presentatoreAmadeus, al timone per il secondo anno, ad annunciare il suo ritiro, salvo poi un ripensamento dell’ultima ora. Che sia stato dettato quest’ultimo da un rilancio sul suo cachet già molto lauto?

E perché Amadeus sarebbe stato sul punto di lasciare? Per l’assenza del pubblico! Come puoi fare Sanremo senza il pubblico in sala?

Del resto chi se ne frega del Covid e dei teatri, dei cinema e di tutto il resto del mondo dello spettacolo che, costretto a rispettare le regole, sta andando lentamente a scatafascio!


La bomba mediatica è apparsa nei giorni scorsi, scoppiata anche sui social network, con la fazione (i vertici Rai e soprattutto Amadeus) che sosteneva come il Festival dovesse essere equiparato a trasmissione televisiva e il Teatro Ariston a studio televisivo, appunto. In tal caso il pubblico, sarebbe stato composto da figuranti paganti e questo avrebbe consentito di aggirare le norme in vigore. «Pensiamo a figure contrattualizzate che sono parte integrante dello spettacolo nel rispetto del Dpcm» - aveva spiegato lo stesso Direttore Artistico.

Per fortuna alcuni pezzi da novanta del governo, ormai pensionato, si sono sollevati a gran voce e hanno detto no. Il Ministro della Salute Roberto Speranza che in una lettera ha ribadito che "Per quanto concerne gli spettacoli che si svolgono in sale teatrali – si legga l’Ariston – restano vigenti le prescrizioni di cui all'articolo 1 comma 10 del decreto del presidente del Consiglio dei ministri 14 gennaio 2021, che consente lo svolgimento degli spettacoli in assenza di pubblico"; concetto ribadito anche dal Tweet del Ministro della Cultura Franceschini del 28 gennaio: "il Teatro Ariston di #Sanremo è un teatro come tutti gli altri e quindi, come ha chiarito ieri il ministro @robersperanza, il pubblico, pagante, gratuito o di figuranti, potrà tornare solo quando le norme lo consentiranno per tutti i teatri e cinema. Speriamo il prima possibile".



Il veto imposto dall’alto – compresa l’ultima parola, “no” appunto, del prefetto di Imperia Alberto Intini – ha costretto i vertici del Servizio Pubblico Nazionale a ripensare alle regole e al format di Sanremo, imponendo delle linee guida piuttosto rigide ad Amadeus.

D’altra parte anche la rete intera si era mobilitata per porre fine a questa imparità fra Festival e teatri e cinema, con una petizione su Change.org.



Secondo le principali e più accreditate fonti di informazione, infatti, la Rai avrebbe inviato al Cts il protocollo che intenderebbe adottare per il Festival che in sintesi pone i seguenti paletti: niente pubblico al teatro Ariston, stop agli eventi esterni e no alla presenza a Sanremo di programmi collegati al Festival. Protocollo che ora è al vaglio del Comitato Tecnico Scientifico.


Eppure un pensiero mi tormenta.

Gli ultimi dati Istat (dicembre 2020), relativi ad un'indagine campionaria molto ampia, effettuata tra ottobre e novembre 2020 e riferita ad un universo di 1.019.786 imprese di 3 e più addetti che operano nel settore dell'industria e dei servizi, parlavano di 73.000 imprese chiuse, vale circa il 7,2% del totale.

E le stime delle associazioni di imprenditori vedono ancora più nero per il primo trimestre 2021: Confcommercio a fine dicembre parlava della chiusura definitiva di oltre 390mila imprese del commercio non alimentare e dei servizi di mercato, che al netto delle 85 mila nuove aperture segna un calo dell’11,5%. Di queste, 240mila, esclusivamente a causa della pandemia.

Se vi state domandando dei settori cinema e teatro… Ecco cosa ho trovato esaminando il comparto cinema, ad esempio: secondo i dati Cinetel, incassi e presenze al cinema nell’anno appena concluso rispetto al precedente segnano meno 71 per cento. Che diventano meno 93 per cento se prendiamo in considerazione il periodo dall’8 marzo al 31 dicembre.

Una vera e propria ecatombe.

L’Italia annaspa e qualcuno pensa a salvare il Festival. Dimenticando tutto il resto. Dimenticando le regole. O forse dovremmo dire, infischiandosene di tutto il resto e di tutte le regole.

Un motivo in più per boicottare Sanremo, come del resto ho fatto in questi ultimi anni, non guardandolo mai!



Che poi mi sono domandato: ma se il Festival è sempre stato pubblico, eventi all’esterno dell’Ariston, trasmissioni che si collegano da dentro e fuori il teatro… che senso ha tutta questa grande macchina senza tutto il circo di “nani e ballerine” che gli sta attorno?

E ancora mi sono chiesto: non avrebbe forse più senso a questo punto fare un sacrificio come hanno fatto tanti altri eventi (e tutte le imprese d’Italia, o quasi) e annullare il Festival?

Ma poi ho trovato la risposta sul perché non si possa rimandare Sanremo. E la risposta è semplice e da anni o per anni ci tormenta e ci ha tormentato come una cantilena in tutti i jingle, tutte le trasmissioni e le pubblicità dedicate al Festival. Almeno quelle storiche.

“Perché Sanremo è Sanremo …no?”



Meditate gente.


di Marco Baruffato
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